domenica 28 Aprile 2024
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Caro Willy, la giustizia non ama gli abiti bianchi

I funerali di Willy Monteiro chiamano a raccolta un popolo vestito di bianco, anche se la verità non ama le vesti bianche, perché la giustizia si sporca sempre e quell’abito oggi immacolato verrà segnato da chissà quante sfumature colorate durante i futuri momenti processuali a carico del branco che ha spezzato la vita al giovane nella rissa di Colleferro.

La disputa tra i parrucconi in toga è dividersi tra i fautori dell’omicidio preterintenzionale e omicidio volontario per il branco assassino. Certo, non è cosa da poco, ma sappiamo anche come nelle aule di giustizia si consumano i gradi dei processi, col tempo indulgente alleato con chi ha offeso mortalmente.

Gli inquirenti procedono a ricostruire la dinamica dell’accaduto, per accertare le responsabilità. Ma questo, paradossalmente, è il compito più facile: si analizza il quadro con il tempo che ha bloccato le lancette. La parte più difficile, concedetemelo, è quella del poteva essere e non è stato, quello della prevenzione, quello della cultura del rispetto dell’altro. Qualcuno ha scritto “- Gomorra + cultura”, considerato che abbiamo tirato su una società dove il culto del narcisismo è la priorità di vita. Un narcisismo vuoto, autoreferenziale, violento, bieco.

Un modo egotista di porsi che va contrastato con la cultura, partendo dalla scuola. Se si scorrono i post social delle persone avremo un quadro più o meno chiaro, ci faremo un’idea della loro personalità: il branco ama la vuota ostentazione, celebra il culto della sopraffazione e alimenta il disprezzo per ciò che non rientra nei suoi codici. E la vigliaccheria ne è la griffe: mai uno contro uno, come urla la legge della jungla, ma cinque contro uno. Lo stile Gomorra fa scuola. Da ragazzino consumavo Dylan Dog e sfogliavo Diabolik, fumetti finiti nell’occhio della rigida censura parlamentare, nel primo l’ironia manco veniva colta da chi ostentava l’arte della cieca morsa censoria, nel secondo il (vittorioso) Male era contrastato dal Bene, seppure impersonato dallo sfigato ispettore Ginko. In Gomorra, riferimento puntuale di certi branchi, non esiste un contraltare, non c’è possibilità di scelta (e questo, artisticamente e socialmente, è un messaggio negativo), esiste solo una realtà: quella criminale.

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