domenica 28 Aprile 2024
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Due anni senza Daphne, dalla verità alle lacune di Saviano

Sono due anni che Daphne Caruana Galizia è stata ammazzata. Era il 16 ottobre 2017. Tre uomini, accusati di essere stati gli esecutori, oggi sono in galera, ma non si sa nulla dei suoi mandanti. Daphne era maltese, è maltese, perché resta viva, resta vivo il suo impegno, la sua voglia di lottare e vivere per un mondo migliore. Daphne fu fatta saltare in aria a Bidnija, a uno sputo da La Valletta. Il motivo? Da ricercare nelle sue indagini di blogger, avendo gettato ombre e sospetti sull’operato del governo Muscat, quel governo, quello maltese, che vieta e impedisce alle navi cariche di disperati affamati di vita e futuro di attraccare nei suoi porti ma che accoglie con il red carpet chiunque possa permettersi un passaporto al costo di 1 milione di euro, inquinando di fatto l’economia dell’Europa. E sì, perché la verità è che le inchieste di Daphne procedevano nella direzione delle finanze nere che magnati non europei riversavano (riversano) sui conti di istituti domiciliati a Malta. E sì, signori, Malta è Europa, Malta è UE, ma scansa gli aiuti umanitari sebbene in una delle sue piazze principali, piazza Castiglia a La Valletta, svetta in modo ipocrita il monumento dedicato agli immigrati, detto ‘il nodo’. E Malta è il black hole dove il caos viene riversato, un cancro che dalla periferia getta metastasi fino ad arrivare al cuore di Bruxelles e Strasburgo. Credete che le denunce ‘farneticanti’ dei giornalisti tolgano il sonno a chi in Europa fa affari con chi acquista passaporti europei? Certo che no, la conoscete la risposta. A Daphne le avevano tolto ogni forza economica aggredendole i risparmi, ma capendo che la dignità non è mai in vendita allora è stato deciso di tacciarla in modo brutale. C’è un libro inchiesta amaro, tosto, bello, scritto dal giornalista Carlo Bonini, sì, uno degli inviati di punta de la Repubblica e che in coppia con Giancarlo De Cataldo ha firmato dei godibili romanzi noir, quel libro inchiesta si intitola ‘L’isola assassina’ ed è un testo che ha anticipato quello sponsorizzato e curato da Roberto Saviano ‘Dì la verità anche se la tua voce trema’. Nell’intervento recente a ‘Che tempo che fa’ l’autore campano mi ha lasciato perplesso su una definizione. Ha accusato il governo maltese di facilitare l’accesso di capitali sporchi in Europa, dando la lettura che sull’isola la pressione fiscale è pari al 5%, quindi è una rotta prescelta da chi non vuole pagare le tasse al 60% come in Italia. Caro Saviano, tutto giusto, tutti bei discorsi quelli riferiti a Daphne, ma uno Stato che fa pagare il 60% di tasse è lui l’assassino del suo popolo. Non c’avevi pensato?

Ancora, su la Repubblica appare sempre un pezzo di Saviano. Discriminando che questo libro è per le donne, quando in realtà i libri, soprattutto quelli scritti da donne, sono invece per gli uomini. Perché i libri, questi libri, sono per tutti, senza distinguo di genere, religione, anagrafica, orientamento sessuale, solo così si può sconfiggere un paradossale conflitto tra sessi, stantio e anacronistico, dove il coraggio dev’essere esempio per tutti. Certo, Saviano scrive bellissime cose su Daphne, che era votata alla ricerca ontologica, aveva votato la sua vita alla ricerca della verità. Bello, anche i romanzi, non solo la cronaca, devono possedere come fine la ricerca della verità, sennò sono vanesia ricerca dell’autoreferenziale. E Daphne in vita è stata straordinariamente coraggiosa in questo, anche perché pochi sanno che la giornalista maltese riusciva a sfangare questa vita con articoli su botanica e giardinaggio, da qui ricavava quella linfa ed energia necessarie per continuare le sue indagini. Che smacco per chi fa giornalismo investigativo, eh. La passione per il pollice verde che finanzia la ricerca della verità che vola sopra le nostre povere teste ingenue da idealisti. Una domanda che dovrebbe porsi tutta la categoria dei giornalisti, in particolar modo chi li finanzia i giornali, ma poi qui si fermano le nostre risposte in un gioco d’ipocrisia d’altura che farebbe affondare quel minimo di certezze che ancora crediamo di possedere. Ma proviamoci a non far sentire solitaria la guerra di Daphne. La verità ci chiama. Come la giustizia, quella che attende ancora Daphne.

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