domenica 19 Maggio 2024
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E io dal balcone canto ‘Bella ciao’

Cantano. E ballano. Accendono le torce dei telefonini e le puntano all’occhio del satellite, qualcuno fa anche partire qualche razzo pirotecnico per illuminare la volta celeste. I più fantasiosi suonano. E sì. L’Italia ai tempi del Covid-19 è anche questa, s’accende di fantasia per alleviare la solitudine e mettere una pietra in gola a Kronos. Su tutti i balconi e finestre si lodano le note di Mameli nemmeno fossimo all’Olimpico per un incontro degli Azzurri, nelle contrade di Siena rullano i tamburi, al quartiere Monti di Roma risuonano dall’ugola di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro le note di ‘Meraviglioso’, a Firenze dalla loro casa gli allievi della scuola di musica di Fiesole a giorni alterni compongono un pezzo classico, a Milano trombettisti sfiatano i repertori cari ai Navigli, a Napoli i neomelodici cariano denti e orecchie con le loro storie strappalacrime. Struggente, direte voi. Beh, struggenti furono le note sfregate sulle corde del violoncello di Vedran Smailovic, membro dell’orchestra sinfonica di Sarajevo, che per 22 giorni di fila suonò l’Adagio di Tomaso Albinoni, da quando il 27 maggio del 1992 una bomba serba esplose nel mercato della sua città lacerando la vita a 22 persone. Da quel giorno non smise mai di suonare in onore delle 22 vittime, sfidando un nemico altrettanto invisibile come il coronavirus, cioè i cecchini, resi ancora più forti dall’indifferenza della Ue verso la guerra di dissoluzione della ex Jugoslavia. Io? Io quale canzone canticchio in questi giorni? Oh, bella. Ma naturalmente ‘Bella ciao’, rigorosamente nella versione anarcoispanica de ‘La Casa de Papel’, che più che esorcizzare il nemico invisibile è diretta alle sagome materiali dei grandi burattinai.

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