mercoledì 15 Maggio 2024
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Gli agenti letterari esistono (ma loro non lo sanno)

Non credevo esistessero. Gli agenti letterari, dico. Il primo esemplare di una specie rara (ma non credo protetta) l’ho incontrato anni fa a Viterbo. Vinco un premio letterario, uno di quei premi di consolazione, la giuria seleziona i primi tre, poi però le si dilania il cuore a vederti escluso perché il tuo lavoro suscita emozioni e allora s’inventano quei corroboranti (e comunque gratificanti) premi di scorta: premio della giuria, premio della critica e della ragion pura, premio della giuria impopolare e premio della mammella sgonfia. Cose così. Insomma, vinco un premio. La vincitrice, quella vera, arrivata in finale e issata sul punto più alto del podio, viene a cena insieme agli altri scrittori, me compreso. La sua agente si siede tra me e lei, mi svela la sua attività, il suo fervore, la sua mission, la sua volontà di scouting, la democrazia della cultura, l’inclusione della narrativa, il megafono per la voce degli ultimi. La sfioro, la tocco, la palpo, non è una figura olografica, esiste, cazzo, è vera. Le chiedo con estrema umiltà se potrei inviarle via email il mio ultimo lavoro, che considero il nuovo capolavoro della via dove risiedo. Quella è ben felice di offrirmi una chance. Passa un giorno e le invio la email con presentazione, biobibliografia, sinossi, testo integrale. Per capire se uno è una pippa o è uno che vale non ti devi sciroppare tutto il romanzo, per comprendere se un vino è buono non è che devi berti tutta una botte, del resto (anche se io per queste cose mi sono sempre offerto volontario). Attendo. Mi risponde: hai un amico scrittore che ha già letto la bozza del tuo romanzo? Sì, certo, effluvio io, dopo due click. Ah, bene, mi risponde lei dopo una settimana. Girami per favore i contatti così mi racconteranno le loro impressioni. Oibò, sulla tastiera schiaccio cinque nomi di scrittori, amici, gente che mastica narrativa, conflitti interiori e scene di vita vissuta. L’agente letteraria mi risponde dopo due settimane: eh, mica vanno bene questi nomi, io intendevo scrittori famosi, già noti al grande pubblico. Ah, faccio io, disorientato: non posso costringere nessun grande scrittore a scorrere tutte le righe del mio romanzo. Allora lei sbuffa (si avverte anche da monitor a monitor) e mi promette che leggerà le tre cartelle di sinossi. Mi ricontatta dopo tre settimane e scrive che ha letto il riassunto, lo ha trovato interessante, anticonvenzionale, non omologato, personaggi originali e picareschi, stile narrativo nient’affatto scontato, ed è anche scritto bene ma molto molto bene (giuro. Ha scritto proprio così, che Quetzalcoatl la decapiti ovunque si trovi) ma non è convinta del finale, perché non si può andare contro ciò che pensa l’immaginario collettivo e non si possono scardinare alcune sicurezze sociali. Mi chiede: puoi rivederlo? Sta ancora aspettando la mia risposta. Echecazzo.

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