lunedì 20 Maggio 2024
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Lampedusa cuore mondiale mentre l’Europa sonnecchia

Vabbeh, ma tu da che parte stai? Nei bar questi discorsi sono al minutaggio. A me ‘sta divisione manichea non è mai piaciuta: o bianco o nero. E basta. Un concetto aristotelico un po’ superato, suvvia, nell’arcobaleno dei colori. Siamo tutti un po’ hegeliani, cercando risposte molteplici e soluzioni assortite. Se poi sei al Bar dell’Amicizia di Lampedusa, quindi non in uno qualsiasi, la domanda diventa maledettamente seria. E complicata. Al pari della risposta. Ecco, devi stare attento alla risposta (o alle risposte, con le varie sfumature annesse) pesando l’interlocutore che hai di fronte. Solo che in questo modo diventi un invertebrato opportunista del momento.
Eh, gli sbarchi qui al molo Favaloro continuano. Ma passano quasi inosservati nell’economia del quadro di news che provengono dalla Farnesina e dalla Libia. Ma qui, a Lampedusa, la rete della prima accoglienza non cessa nel suo servizio routinario. Se ieri il sindaco era Giusi Nicolini, pasionaria di sinistra votata alla solidarietà, oggi col sindaco Totò Martello non è che la situazione sia mutata: l’emergenza c’è sempre, al pari dell’assistenza. E non è che l’ex senatrice Angela Maraventano, iscritta alla Lega Nord (sì, avete letto bene, non è un refuso), si sia mai tirata indietro: quest’isolana dal carattere deciso e fermo è contro gli sbarchi ma quando i profughi si riversano qua si trasforma da contestatrice a cooperante. Che significa questo? Testimonia che chi sta in trincea deve fornire soluzioni immediate (chiedetelo un po’ a Donato De Tommaso, comandante dell’Arma qui da dodici anni), chi se ne sta al fresco dei condizionatori di Bruxelles e di Roma (ma a ‘sto giro anche di Parigi) si può trastullare in sofismi concettuali nemici della pratica quotidiana. E chi vive in trincea alla fine cede al reato umanitario, sia esso medico, politico, militare, pescatore o semplice cittadino, anche se è contrario a immigrazione incontrollata o allo ius soli (allarghiamo pure i concetti). Il dibattito s’inasprisce: state dalla parte degli scafisti o delle regole?, grida dalle righe del Corsera Enrico Galli della Loggia, rimbrottando Roberto Saviano che su Repubblica aveva aperto le danze dei commenti post affaire Iuventa (però, cavolo, quel nome, da noi, richiama subito pastette…) schierandosi con Medici senza frontiere che s’è rifiutata di firmare il protocollo Minniti (uomini armati sulle navi per evitare spiacevoli equivoci con i mercanti d’uomini). Beh, data la situazione incandescente e fortemente sospetta che agita le acque libiche (sinergia come una perfetta catena di montaggio fordiana tra scafisti, istituzioni locali corrotte e Ong scorrette) il protocollo proposto dal Viminale non è da rifiutare, sebbene la panacea resta lontana dallo scoglio lampedusano. Certo, anni fa, Pino Rauti, discusso leader dell’estrema destra, così come è apparso due settimane fa su Libero, scandiva che la soluzione era quella di soccorrere i migranti in casa propria. Quell’ingerenza politica sulle beghe altrui che poi inevitabilmente odora di neocolonialismo, anche se certe volte è camuffato in partneriato tra Stati o interferenze economiche. Oggi ho letto di manifestazioni di piazza in cui gruppi politici di centrodestra si battono per la difesa dell’identità oltre che per la sicurezza confutando i progetti di salvataggio e accoglienza: d’accordo per la seconda (ma la sicurezza è a prescindere) ma la prima che significato ha? Il mix arricchisce, la multietnicità è uno scambio culturale che eleva e sublima gli individui e le società: certo, i flussi vanno regolati e ragionati, così come si regolano i flussi di lavoro nelle aziende o di entrate e uscite in una banale famiglia, proprio per evitare il deprimente tilt. Aizzare ad minchiam contro il migrante è una triste logica elettorale come squallido risulta l’urlo contro l’ipotetico pericolo fascista lanciato anche dalle più alte cariche dello Stato (io sono di Latina, città prediletta del Duce, e ne so qualcosa), generando una lotta tra poveri e una guerra contro un fantasma dissolto. Vabbeh, appunto, altre chiacchiere, anche stantie, ma che non trovano soluzioni immediate al problema dello sbarco notturno quotidiano su Lampedusa. Poi, la questione diventa doppia: perché dal salvataggio l’Italia si fa carico degli immigrati accendendo un business altrettanto stomachevole in alcuni modus operandi dell’accoglienza che lo accomuna a quello del traffico di uomini. Vabbeh, abbiamo capito: la soluzione (ragionata) dovrebbe pervenire dal cuore dell’Europa attraverso una rete di intelligence intercontinentale abbracciando la sensibilità dell’Onu, non dal punto più a sud dell’Europa. Che, invece, come al solito, dà risposte concrete cariche di umanità.

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