martedì 14 Maggio 2024
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L’autocertificazione, Caporetto e la burocrazia non ci insegnano nulla

No, non è la pandemia il grande nemico, ma le pastoie, i lacci e lacciuoli del più grande nemico del Bel Paese, la burocrazia. Eppure, a ogni tornata elettorale, immancabile nei programmi di tutto l’arco costituzionale, civici inclusi, ecco apparire il sostegno incondizionato alle imprese, cuore del nostro sistema (ma va’), soprattutto alla voce sburocratizzazione. Beh, oggi, ai tempi dell’invisibile Covid-19, quando il mondo fronteggia un unico grande nemico, gli italiani oltre al virus si scontrano con un nemico atavico, fisico e materiale, cartaceo e inflessibile, la burocrazia.
È vero che siamo la culla dello ius, ma è necessario capire il senso del limite. Vi ricordo brevemente una storia di cui fatichiamo a cancellare il ricordo, Caporetto, che nel linguaggio comune oggi indica col nome di quella battaglia nell’omonima cittadina (slovena) la madre di tutte le disfatte. Ebbene, è vero che le truppe italiane cedettero all’avanzata austro-tedesca per una serie di motivazioni, dall’antipatia tra i vertici militari all’incapacità di utilizzare i mezzi, ma soprattutto furono travolte per l’eccessiva burocratizzazione. Eh, non è mica uno scherzo. Mentre gli ordini tedeschi passavano soltanto attraverso i comandi di divisione e di battaglione, nella rigida gerarchia militare italica si doveva passare per il corpo d’armata, la divisione, la brigata, il reggimento e, infine, per il battaglione. Cioè, quando i cannoni e i fanti tedeschi sfondavano noi stavamo ancora all’abecedario dell’ordine. Pronto? Macché, mica siamo pronti. E Caporetto fu.
Così, tornando ai tempi del Covid-19, scoppia il terrore del virus in Italia e si emana l’11 marzo la prima autocertificazione, nel momento in cui il Governo Conte annuncia le restrizioni per combattere tutti uniti sullo stesso fronte questo nemico. Il primo foglio era semplice, testava la nostra conoscenza del contagio, i motivi dello spostamento, le eventuali sanzioni e uno spazio bianco da compilare per un’eventuale giustificazione insieme ai tre capisaldi di status che contravvenivano allo slogan #iorestoacasa: lavoro, salute e necessità. Poi, il 17 marzo si passava alla vecchia e cara tradizione della celebrazione della burocrazia, aggiungendo di non essere sottoposto a quarantena e di non essere positivo al virus (ehm, un po’ difficile senza tampone…); il 23 marzo terza autocertificazione, con inasprimento di sanzioni, e con specifiche richieste di spostamenti; il 26 marzo altro giro altra corsa, con ulteriori specifiche di orari e luoghi negli spostamenti, in attesa di spostamenti ammessi per i soggetti i cui cognomi vanno dalla lettera A alla M i giorni pari e quelli dalla N alla Z i giorni dispari. Insomma, nel giro di due settimane ben 4 autocertificazioni inutili, quando ne era sufficiente una, perché tutti sappiamo quando spostarci ma soprattutto lo sa bene anche il rappresentante delle forze dell’ordine, chiamato a elasticità nel metro di giudizio. Se dai vertici richiamano al senso di umanità quando si vagliano le autocertificazioni, scopriamo invece che nel CdM si agisce sotto l’influsso di una schizofrenia burocratica degna di un romanzo kafkiano ambientato in una Macondo di comodo.

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