martedì 7 Maggio 2024
HOME > IN VIAGGIO CON LA MORTE > Recensione. La vita è un viaggio senza ritorno

Recensione. La vita è un viaggio senza ritorno

recensione uscita su La vita è un viaggio senza ritorno – Electomagazine

 

Un “cold case” a Roma e la tentazione dell’eutanasia nell’ultimo noir di Gian Luca Campagna

 

 

 

Si dice spesso che il romanzo contemporaneo italiano è ormai ripiegato su se stesso, ombelicale, autoreferenziale. E che quindi non affronti più i grandi temi che scuotono la società, o quanto meno lo faccia sempre in termini minimalisti, egocentrici, piccolo borghesi. Quasi sempre noiosi. In effetti è sufficiente dare un’occhiata a molti dei titoli finalisti negli ultimi anni al Premio Strega per capire che la narrativa “di serie A” strizza l’occhio alla critica, al mondo editoriale, al bacino degli influencer culturali e agli organizzatori di premi letterari e sempre meno al pubblico dei lettori, come si intuisce anche dai dati di vendita.

 

Ecco che quindi per trovare argomenti interessanti, oltreché storie forti e intrattenimento intelligente, si deve guardare a quegli autori che vengono snobbati dai premi letterari à la mode perché non hanno amici nelle redazioni, nei colossi editoriali, nelle conventicole dove si decidono le carriere letterarie. Domanda retorica: è mai possibile, sempre rimanendo al più importante premio di narrativa italiano, che nella dozzina dei semifinalisti non si trovi mai, neppure per sbaglio, un bel romanzo noir, un’appassionante storia “romance”, un libro di fantasy o di fantascienza? Cioè generi letterari tra i più amati dai lettori, che infatti li promuovono costantemente nelle classifiche di vendita.

 

No, lo Strega è off-limits persino ad autori noir di riconosciuta qualità letteraria, come Maurizio De Giovanni, Antonio Manzini, Giancarlo De Cataldo, Carlo Lucarelli e a suo tempo Andrea Camilleri. Giusto Carofiglio e Perissinotto sono riusciti ad arrivare in finale, appena due “giallisti” negli ultimi dieci anni. E comunque non hanno vinto. Per fortuna, Strega o no, il genere poliziesco sopravvive benissimo, vende e soprattutto piace al lettori. Anche perché affronta di frequente i temi forti di cui si diceva all’inizio.

 

Un esempio recente è il romanzo “In viaggio con la morte” di Gian Luca Campagna, pubblicato da Mursia nella fortunata collana Giungla Gialla e uscito in libreria da pochi giorni. Lo scrittore di Latina, che ha al suo attivo altri sette romanzi di genere noir, questa volta intreccia il “cold case” su un delitto irrisolto a Roma dieci anni prima con il tema spinoso, scivoloso e divisivo dell’eutanasia. E in particolare del business delle cliniche svizzere che a suon di euro (o di franchi) offrono a chiunque un asettico servizio di “dolce morte”.

 

La materia è complessa perché investe problemi di coscienza, sensibilità religiose e questioni politiche, ma Campagna l’affronta con leggerezza, sfrontatezza e senza partito preso. L’avvio della vicenda è la telefonata di una donna di mezz’età, che dieci anni prima ha perso il figlio diciottenne in un omicidio rimasto insoluto, al giornalista che a suo tempo aveva seguito l’indagine ed aveva preso a cuore la tragica vicenda familiare. Dieci anni dopo tutto è cambiato: la donna, Carla, è rimasta vedova ed è ammalata di cancro; il giornalista, Gianni, non è più un cronista abusivo in cerca di contratto ma è diventato una firma delle pagine sportive di un importante quotidiano romano.

 

Carla informa Gianni di volersi dare la “dolce morte” in una clinica del Canton Ticino, ma prima vorrebbe esaudire i suoi ultimi cinque desideri, tra i quali sapere chi ha ucciso suo figlio Luigi. E il giornalista, che malgrado il successo professionale non è soddisfatto di sé e in merito alla vicenda di dieci anni prima nasconde un piccolo scheletro nell’armadio, accetta di accompagnarla nell’ultimo viaggio attraverso l’Italia, destinazione Paradiso, cioè il piccolo paese svizzero dove ha sede la clinica dell’eutanasia. Con l’obiettivo dichiarato di farle cambiare idea.

Le 290 pagine di Campagna scorrono veloci tra giorni contemporanei e continui flashback ai fatti di dieci anni prima, attraverso i quali la donna e il cronista ricostruiscono l’inchiesta giornalistica svolta a suo tempo da Gianni in una Roma non banale e poco turistica – tra locali alla moda, spacciatori di droga, transessuali colombiane, politici insospettabili e turpi interessi – fino ad arrivare a una possibile soluzione e al nome di un potenziale colpevole. Il caso verrà risolto? Tra Gianni e Carla sboccerà una storia d’amore? E la donna recederà dai propositi suicidi? Come in ogni buon noir – e “In viaggio con la morte” lo è senza dubbio – le risposte arriveranno soltanto nelle ultime pagine.

 

«Il romanzo per me resta impegno sociale», sostiene Gian Luca Campagna. «Confeziono una storia nera, ma affronto una tematica divisiva come quella dell’eutanasia, perché nel tempo ho maturato l’idea che la narrativa non può ridursi solo a essere cassa di risonanza per un intrattenimento fine a se stesso. Credo nell’efficacia della letteratura, che pone sul piatto delle discussioni temi importanti affrontati con un minimo di leggerezza e con la forza della seduzione, proprio per incoraggiare i lettori più ritrosi. Lo scrittore noir deve aggredire temi attuali, anche scomodi, prendere posizione, non solo raccontarli, non ci si può solo specchiare in ciò che più piace ma occorre avventurarsi su sentieri inesplorati».

 

Gian Luca Campagna, In viaggio con la morte, Mursia, 290 pagine, 18 euro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *