martedì 14 Maggio 2024
HOME > PALLONI GONFIATI > L’Italia? Una provinciale maturata a Sassuolo

L’Italia? Una provinciale maturata a Sassuolo

Come sempre è una questione di identità. Certo, conta anche l’orgoglio, la reazione, la voglia di rivalsa. Spalletti ha vinto contro l’Ucraina la sua seconda partita, convincendo sul piano tattico (come se ce ne fosse bisogno) grazie a giocatori più motivati e mobili. A fine partita, l’aspetto più triste è stato quello di sbirciare quasi timidamente la classifica e osservare, calcoli alla mano, le chance azzurre di passare, seppure secondi, dalla porta principale l’accesso alla fase finale di Euro 2024.

Come se l’Italia, quattro titoli mondiali in bacheca e due europei, di cui uno fresco nell’era Covid, fosse una provinciale e non una regina del calcio planetario. Come se avesse smarrito la sua identità pallonara. Appunto, l’identità. Il fine del gioco del calcio è segnare una rete in più degli avversari, non tanto cercare di non prenderla. Così, l’identità italiana esce fuori guardando distrattamente la partita: gli attaccanti azzurri, grande problema durante anche la gestione Mancini, avevano tutti nel curriculum il passaggio fondamentale a Sassuolo. Forgiati in una dimensione che non è quella dei grandi club, che scelgono sempre nomi esotici per allestire una squadra competitiva. Esatto, sono tutti calciatori esplosi e maturati in una provinciale che vanta soltanto un’apparizione nei trofei continentali (stagione 2016-17, grazie al lavoro di Di Francesco…). E che, con patròn Squinzi al comando della società, ha cercato sempre nell’autarchia pallonara di valorizzare risorse umane italiane.

Forse non sarà un caso che da quelle parti tiri un’aria particolare, si respiri ossigeno tricolore, dato che la bandiera verde-bianco-rossa è nata a uno sputo da Sassuolo, nella vicina Reggio Emilia, di cui la città neroverde è provincia, durante la Repubblica Cispadana nel 1797. Sarà un caso. Sarà.

Raspadori e Frattesi, match winner della serata, fino a ieri vestivano neroverde. E Politano?, protagonista della mediocre trasferta macedone e pupillo a Napoli di Spalletti? E quel Berardi lasciato a casa dal tecnico perché aveva fatto un tiraemolla con la società e così –ipoteticamente- a corto di preparazione atletica? E quello Scamacca già in profumo di convocazione dopo il brillante avvio di campionato nell’Atalanta? Per carità pallonara lasciamo fuori Locatelli, che di mestiere fa il centrocampista, ma che ha rilanciato la sua carriera a Sassuolo. Eh, qui c’è l’imprinting della provincia, c’è il marchio di fabbrica neroverde di Sassuolo. C’è da rifletterci su. Che significa questo? Che le punte in Italia ci sono ma è necessario farle giocare? Sarà una banalità ma se vogliamo che nella Nazionale ci siano attaccanti questi vanno fatti giocare. E forse non è un caso che siano stati tutti coltivati in una delle poche società di serie A che punta più su giocatori italiani che su Optì Pobà (cit.). Meditiamo gente, meditiamo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *