sabato 11 Maggio 2024
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Il ritorno al bipolarismo e la fiducia nell’europeismo

Si ritorna al bipolarismo. Forse quello moderato ed europeista. Lo dice l’elettorato, che resta sovrano quando è chiamato a esprimersi alle urne. Fiaccato da un anno e mezzo di restrizioni mondiali, di libertà basilari negate per via dell’emergenza sanitaria e di qualche arzigogolata decisione (vedi stadi sì e teatri no), contrastato tra vaccino sì e vaccino vade retro, allo stremo di energie e a corto di denaro, assuefatto a Netflix e bombardato da fake news a mezzo social, il popolo si è espresso esercitandosi con lo strumento più democratico che esista.

Forse c’è spasmodica voglia di normalità. Di ritorno alla normalità il più velocemente possibile nell’attesa dei miliardi europei del Pnrr che si traducono in ripartenza.

Il dato che emerge dalle urne forse è questo, resta materia più sociologica he politica quando si ha un risultato come quello manifestato poche ore fa in giro per l’Italia.

Cominciamo dal dato del bipolarismo, che ha polarizzato la sfida in ogni grande città, cannibalizzando la partecipazione di civiche e terzi poli, spazzando via sogni di gloria personali extra grandi partiti. Nei 19 capoluoghi di provincia chiamati alle urne il centrosinistra (europeista) ha vinto le elezioni, il centrodestra le ha perse e il M5S, che era montato in nome della grande protesta, si sta sciogliendo e per sopravvivere probabilmente sarà costretto ad adeguarsi a quel sistema che desiderava tanto aprire come una scatoletta di tonno. L’esempio è la vittoria congiunta col Pd a Napoli, Bologna e Ravenna, per il resto solo sconfitte, incluse Torino e Roma, dove comunque alla Raggi va concesso l’onore delle armi.

Per completare il quadro elettorale, il Pd ha vinto le suppletive parlamentari nei due collegi chiamati al voto mentre il centrodestra ha sbaragliato gli avversari nella Regione Calabria.

Certo, non è un verdetto finale quello delle amministrative del 3 e 4 ottobre, ma è un tagliando importante per il presente (e futuro) del Paese.

Abbiamo già rimarcato che il popolo dell’astensionismo si è espresso, mai si era manifestato con questo straordinario vigore rappresentato dal 50% degli aventi diritto al voto, magari perdendo un po’ l’occasione di far sentire la sua voce di dissenso, perché un conto è recarsi in cabina elettorale ad annullare la sua scheda un altro è starsene sul divano di casa a fissare l’ultima serie on demand. È come quando non sei d’accordo con una decisione del potere costituito: un fatto è se vai in piazza a dimostrare in modo pacifico con sit-in bianchi, un altro se borbotti e fai spallucce girandoti dall’altra parte magari portando la famiglia al mare. E qui ha ragione la leader di FdI Giorgia Meloni quando dice che quest’astensionismo così forte è una sconfitta della democrazia e non tanto dei partiti. Certo, i partiti andrebbero ripensati, forse ricercando una maggiore partecipazione della gente, più fisica che virtuale, forse proponendo guide e non santoni, leader che ragionano e pianificano piuttosto quelli che strillano o scommettono su candidati improvvisati. Una trasformazione che probabilmente avverrà all’interno della Lega nelle prossime ore, dove è già cominciata la notte dei lunghi coltelli tra il sovranista Salvini e il moderato e filogovernativo Giorgetti.  

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