domenica 28 Aprile 2024
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La ‘civiltà’ delle battaglie nei campi aperti

Quanti passi avanti abbiamo fatto dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente? Inutile rispondere, basta fare un conto. E quanto siamo lontani dalla barbarie medievali? Idem. La civiltà, il diritto, la tecnologia, le arti sono cresciute, maturate, ci appartengono, ci abitano. Eppure c’è un aspetto che ci dovrebbe colpire e farci capire che non abbiamo fatto passi avanti, abbiamo soltanto accresciuto la nostra belluinità pur coltivando l’utopia del rispetto dei diritti umani. Certo, già la guerra è un ossimoro quando si parla di diritti umani, però le atrocità di Bucha e Borodyanka ci hanno catapultato a scomodare guerre da sussidiario d’antan. Eppure proprio la Storia ci insegna che non solo non abbiamo fatto tesoro delle tragedie, dei drammi, dei lutti, delle disperazioni lancinanti ma che siamo inferiori culturalmente a chi ci ha preceduti nei secoli: una volta le guerre si svolgevano nei campi di battaglia, si tenevano fuori i civili, ci si fronteggiava e ci si scannava negli spazi aperti. Certo, poi c’erano gli assedi e i saccheggi, come gli stupri e le torture. Perché le guerre, ieri come oggi, restano primitive nel senso più spregiativo del termine.

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