lunedì 13 Maggio 2024
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Littoria e il Duce, quello strano amore per una città

Una città tirata su in 6 mesi. Un progetto disegnato in 48 ore.
In un mondo (quello italiano) dove si gareggia per andare a rilento l’epopea fascista legata alle città nuove può essere interpretata come la sublimazione dell’arte italica di arrivare prima degli altri quando l’impegno e la costanza si uniscono alla creatività di un popolo per natura, purtroppo, indolente.
Terre prosciugate, antropizzazione di quegli ex acquitrini, edificazione di città nuove. Concetti che a fissarli oggi potrebbero appartenere a un disegno futuristico, al di fuori di spazi (basti pensare all’inferno in Terra che erano le Paludi Pontine, e non fu affatto un caso che il primo lungometraggio sull’Inferno di Dante fu girato in queste lande mefitiche e desolate) e dei tempi: l’opera titanica ordinata dal Duce oggi assume un sapore grottesco, se paragonata alle città sorte sul nulla nel deserto degli sceicchi, come se la genialità e la fatica italiche fossero state antesignani rispetto a una Abu Dhabi volgare clone del mondo occidentale, mentre quelle città di fondazione furono –e sono- un esempio di un’architettura unica, ineguagliabile, monumentale, anche se molto vicine a quelle odiose della società distopica di una certa letteratura fantascientifica.
Ho scritto tempo fa con Cesare Bruni, avvocato con la malattia di ogni cimelio appartenente all’Agro Redento, il libro fotografico ‘Littoria, la prediletta del Duce’ (Omicron, 2015), sottolineando quel particolare rapporto che aveva il capo del governo Mussolini con la città da lui inaugurata e che fu il fiore all’occhiello delle città nuove. Il libro fotografico ‘Littoria, la prediletta del Duce’ è una galleria di fotografie e di giornali dell’epoca che testimoniano tutte le volte che il capo del governo del regime fascista Benito Mussolini venne a Littoria. Ma non è chiaramente un libro agiografico, è un album storico, redatto e confezionato da Cesare Bruni, collezionista e appassionato delle Paludi Pontine e dell’Agro redento, e curato da me medesimo. Ma che c’entra il Duce con Roccagorga? Al di là del legame di sangue tra Cesare Bruni e il paese lepino va sottolineato anche il legame tra Mussolini e Roccagorga, anch’esso di sangue, se mi passate il fil rouge: infatti, Benito Mussolini giornalista, all’epoca direttore de L’Avanti!, sfidando il potere scrisse articoli sulla vergognosa strage del 6 gennaio 1913 avvenuta proprio nel paese lepino, prendendo le difese delle classi contadini contro l’arroganza del potere locale. Fu merito del Mussolini giornalista se quella strage di 7 poveri contadini ebbe eco nazionale.
Il Duce Mussolini forse non s’era innamorato a prima vista di Littoria. L’aveva osservata in lontananza con una sufficienza dettata dal flop delle prime città di fondazione sorte in Sicilia, tant’è che aveva ceduto l’atto della primogenitura al deputato Orsolini Cencelli, che il 30 giugno del 1932 aveva posato la prima pietra per la fondazione di quello che comunque doveva essere un grande centro agricolo, con attorno borghi e villaggi satelliti. Ma poi il Duce se n’era innamorato, al pari delle belle donne che evidentemente già possedevano i cromosomi futuri di quelle splendide creature che sono oggi le donne pontine. E per questo Benito Mussolini non aveva resistito al fascino dell’Agro Pontino: vi tornò diverse volte, in diverse pose, dalla mietitura ai discorsi, dalle adunate alle inaugurazioni di edifici e industrie, ponendola sempre come esempio futuro per un’Italia che tra tanti interrogativi e molte difficoltà forgiava una propria dignità nel microcosmo dell’autarchia.

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