sabato 18 Maggio 2024
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Parole dall’eremo e dalla trincea della vita

Il disprezzo e il distacco del mondo da parte del poeta chiuso nel suo eremo porta in questi giorni di quarantena forzata ad alcune riflessioni. Lo spunto lo fornisce un bello articolo di Gilda Policastro su la Repubblica. In parte è vero che il poeta, o genericamente il letterato, resta chiuso già in tempi ‘normali’ nel suo eremo, nel suo sancta sanctorum, nel suo buen retiro, figurarsi in mala tempora currunt se non si trincera dietro i recinti della propria tenuta, lontano da rischi patogeni e beghe popolane. Una condizione èlitaria di chi crede di dispensare pillole di saggezza letteraria (tra poeti, romanzieri, saggisti e financo giornalisti) pur occupando lo scranno del pulpito, come se fosse unto non dal virus Covid-19 ma direttamente dal Signore. Punti di vista, chiaramente. Io, da narratore, ho sempre preferito il refugium peccatorum piuttosto che l’eremo, perché sa di vita, di errori, di riscatti, di rivalse, di redenzioni, di resilienza nell’eterna lotta tra Bene e Male, del resto porto avanti l’adagio che chi ha una vita ordinaria scrive cose ordinarie (con qualche colta eccezione di respiro salgariano), quindi di gran lunga preferisco una vita da animale sociale piuttosto che da eremita che si palesa una volta all’anno al gregge dispensando la sua opera. Eppure, domanda: ma senza il pubblico cos’è questo poeta eremita e non errante? La sua filosofia non sa di passione umana, sa di filosofica riflessione interiore senza confronto, senza sofferenza, senza gioia, con un equilibrio evidentemente raggiunto che lo rende evanescente e, appunto, distaccato (beato lui). Forse, in questo, c’è anche una solida componente di vanagloria e narcisismo, che raggiunge apici nel confidenziale ‘scrivo per me’. Ecco, bravo, tienile per te le cose che scrivi, lasciale lì in una cartella senza nome sul desktop del pc, non diffonderle, please. Ancora: oggi è il momento della scienza e non della letteratura? Non sono d’accordo. Le società distopiche sono figlie della narrativa, certo c’è sinergia tra le categorie (come in ogni società fluttuante, intarsiata e musiva. Merci, monsieur Michel Serres), quindi sono un parto della scienza ma sono raccontate dalla letteratura. Anche se a volte la narrativa le anticipa nel suo essere visionario. E, purtroppo, spesso azzecca anche scenari, modi e tempi, Vico ringraziando.

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