martedì 14 Maggio 2024
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Turati fermo per aver cantato le lodi al Signore. Al contrario

Lo dice l’articolo 37, comma 1, prima lettera ai corinzi. Un turno di squalifica per una bestemmia. Sacrosanto. Lo prevede il regolamento del giuoco del calcio. Così, lo sbarbatello Stefano Turati, portiere del Frosinone, all’esordio in A coi giallazzurri contro il Napoli si è già fatto notare: immortalato dalle telecamere impietose di Dazn, sentito in campo, sugli spalti, nei parcheggi, nei bar e nei supermercati attorno allo Stirpe, nonché rimbalzato in mondovisione, osserverà la penitenza saltando il match contro l’Atalanta. Se Iddio non lo ha punito con un castigo divino (tipo fulmine per inosservanza al non nominare il nome di Dio invano), è intervenuta la longa manus (o il grande occhio, fate voi) di Dazn.

Certo, Turati non è stato il primo senza peccato a scagliare la bestemmia e nemmeno sarà l’ultimo, visto lo storico che c’è in serie A. Quando ero arbitro comminavo col cartellino giallo le bestemmie che volavano in campo (anche se il regolamento prevede il rosso diretto), perché nella concitazione del gioco i calciatori usano la blasfemia per incoraggiare un compagno a rincorrere un avversario, per insultarlo se è assente in una zona del campo, per festeggiarlo sciogliendosi in un abbraccio fraterno dopo una rete, per crocifiggerlo dopo una sciagurata autorete. Insomma, la bestemmia ha sempre condito il dialogo tra le genti e il fraseggio col pallone nel mondo del calcio. Dopo qualche partita finsi di non sentire le sollecitazioni anti-divine, altrimenti non sarebbe terminato un solo match. Immaginate un torneo dei bar tra bevitori veneti come possa finire.

Viene spontaneo chiedersi se lo stesso trattamento potrebbe essere riservato a un giocatore che offende in un’espressione colorita dettata dalla concitazione Buddha o Visnù. È un quesito che andrebbe posto agli ispettori federali, solerti nel rilevare l’infrazione religiosa di stampo cristiano-cattolico da parte del portiere canarino. E ancora: immaginiamo oggi che offendere Zeus sia possibile, poiché è una divinità passata di moda, che non raccoglie più preghiere (e insulti) da parte dei fedeli.

E quindi? Andrebbe abolita la punizione nel caso di bestemmia? Be’, andrebbe abolita innanzitutto la bestemmia, perché questa stona sempre, ma è chiaro che il mondo conservatore e ipocrita del calcio dovrà affrontare nell’immediato anche questa problematica, considerando che dopo anni s’è finalmente capito che in caso di frasi razziste (da parte del pubblico) si ferma il gioco.

Alla fine, per evitare punizioni esemplari come pubbliche reprimende e squalifiche federali basterebbe che i calciatori cantassero in campo le lodi al Signore intonando canti gregoriani, attirandosi così le simpatie di un pubblico da sempre ecumenico e pronto a porgere l’altra guancia in caso di cori coi contenuti su maternità dubbiose. Amen.

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