martedì 14 Maggio 2024
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Una sordida storia d’orrore di casa nostra

L’estate ci regala sempre un delitto. È quello che gergalmente viene chiamato delitto sotto l’ombrellone. Si creano schiere di colpevolisti e innocentisti tra un tressette e un ghiacciolo, così si trascorrono le giornate di solleone. Stavolta però c’è una storia di folle sordido orrore. La morte del protagonista è naturale ma l’orrore, quello dei sentimenti, gli cova attorno, ed è più grave, perché è cieco, sordo, bestiale. È infame.

Siamo in Italia, non siamo nel Kansas degli anni 50 dove Truman Capote ha ambientato ‘A sangue freddo’. È una storia che andrebbe raccontata sempre, perché l’orrore non conosce confini geografici. Ci andrebbe fatto un film, scritto un romanzo. Perché dentro c’è uno squallore umano che disorienta, che annebbia, che uccide.

È la storia di un 81enne pensionato, si chiamava Bruno Delnegro, di Trani, funzionario dell’Asl barese. Muore lo scorso luglio, sta già male, è allettato, impossibilitato ad avere contatti con l’esterno. I figli hanno un’idea selvaggia: nascondere il cadavere per continuare a percepire la pensione di tremila euro mensili. Penserete: sono figli della disperazione prima ancora che di un padre malato. No, pare che tutti abbiano un lavoro ben remunerato. Ma intanto l’avidità si è impossessata di cuore, cervello e anima di questi tre figli (o forse due), più una nuora, con la disumanità che ha il sopravvento. Non ci sono ricordi che tengano, non c’è un filo di sentimento, non c’è amore, non c’è pietà. Nemmeno per se stessi. Così scatta il piano: si denuda il cadavere, si infagotta in un sacco a pelo e si lascia in una cavità carsica a 300 km di distanza, nella disabitata e desolata zona Castrovalva, una frazione che conta 15 abitanti, stretta su rocce lungo la cresta del monte Sant’Angelo, 820 metri d’altezza. Nessuno lo troverà e nessuno reclamerà papà. Fine. Credono. Pochi giorni dopo due escursionisti trovano il corpo, denunciano la macabra scoperta, col sacco a pelo preso a morsi da bestie, che invece avevano dimostrato maggiore sensibilità non infierendo su quella carne. Il povero cadavere finisce all’obitorio, scattano le indagini, anche perché sì è morto per cause naturali ma nessuno si imbraga col sacco a pelo in modo ermetico da solo, le impronte digitali non dicono nulla come le denunce di scomparse al pari del censimento (anche clandestino) di pastori. Buio.

Il sostituto procuratore chiude il fascicolo ad aprile ma un tenente dell’Arma di Sulmona, Tony Bocchino, vuole diventare protagonista di questa storia, forse perché ne percepisce l’orrore: la zip del sacco a pelo tirata su fino alla chiusura è una prova che qualcuno lì ce l’ha portato. L’ufficiale ha una traccia: la protesi femorale. C’è una marca, si risale alla casa produttrice, che la fornisce solo a pochi ospedali. Il più vicino è a Trani. E lì c’è l’elenco delle operazioni chirurgiche. Il resto è a effetto domino fino ai figli indagati per truffa all’Inps. Ma resta lo scempio dell’anima di ogni protagonista di questa sordida storia di inizio estate.

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