Vai al bar, chiedi un’acqua, un caffè, una Coca-Cola, patatine e soprattutto un bel toast vegetariano. Quindi, la coppia chiede che il tramezzino venga diviso in maniera salomonica in modo da mandare in estasi le papille gustative di entrambi. E che problema c’è, ti rispondono al bar Pace di Gera Lario su quel ramo del lago di Como dove i camerieri e i baristi hanno frequentato un seminario di fini sciabolatori di bollicine: zacchète, un colpo secco e deciso, così il tramezzino è pronto per essere gustato da entrambi i clienti. Però, tra i costi rilasciati dallo scontrino ecco che c’è anche una voce in più: 2 euro (!) per aver diviso il pranzo di fortuna. Praticamente il 50% del costo del tramezzino (intero).
I clienti non fanno una piega, poi, ci hanno ripensato e hanno postato l’azione curiosa del bar, divenendo virale sui social. La titolare si è giustificata e sfogata in maniera adolescenziale “se si i clienti si fossero lamentati non gli avremmo fatto pagare il servizio”, rafforzato da “il servizio in più si paga”, denotando poche idee e molto confuse. E quale è il servizio in più? Il taglio acrobatico del cameriere che usa la scimitarra come Indiana Jones? O il piattino di carta su cui è stata adagiata l’altra metà?, che al massimo potrà costare 10 centesimi, o, peggio, come s’è giustificata la titolare “abbiamo utilizzato due mani per portare due piattini” (questa è da applausi con tanto di ola). Lo sdegno dei clienti ci sta, suvvia, però un’amica mi fa: “eh, no. Il servizio in più si paga”. Ah sì? E quando vai al ristorante e chiedi dopo cena un dolce da dividere in due con la classica richiesta “due cucchiaini, grazie”, anche quel servizio andrebbe pagato? Be’, del resto, c’è lo sforzo del cameriere nel trasportare due cucchiaini e non uno, quello di togliere un elemento preziosissimo dal portaposate, l’azione acrobatica del polso del lavapiatti nell’inumidire con il detersivo il cucchiaino in più rispetto a uno solo… Ma per favore, suvvia.
